In questo sito non vengono utilizzati cookies per raccogliere informazioni personali in modo diretto ma alcuni elementi di terze parti potrebbero anche utilizzarli.
Cliccando su "approvo", navigando il sito o scorrendo questa pagina confermi di accettare i cookies
(che ricordiamo possono essere sempre disabilitati dalle impostazioni del tuo browser).
Leggi come vengono utilizzati i cookies su questo sito - Approvo

Mondo "Cafonal" e la riflessione sui "tempi moderni".

Un evento qualsiasi, che aggreghi un numero elevato di persone in uno spazio delimitato, diventa immediatamente lo specchio di questo paese. Oggi ho avuto la (s)fortuna di assistere alla celebrazione di una messa dove, una decina di bambini, ha ricevuto il sacramento della Prima Comunione,

Ora, a prescindere dal contesto, dove uno può credere o meno, dove si può essere un buon cristiano o uno di facciata, lo spettacolo che offre un evento simile, dove uno spicchio di popolazione, scelto randomicamente, si incontra in un confinato periodo di tempo e di spazio, non ha veramente eguali. Questa sorta di iniziazione alla fede è al contempo il simulacro del paese intero, un concentrato di virtù, che sonda, a suo modo, il livello di educazione, di cultura e dei valori posseduti, esprimibili dalla massa.

Parto da un supposto. La chiesa, pur essendo io un avulso al contesto, è pur sempre un luogo di culto, un luogo sacro e merita rispetto ed educazione.

Ebbene, l’aver avuto la possibilità di osservare questo enorme quantitativo di menti e caratteri è stato sorprendente e avvilente allo stesso tempo. Perchè in silenzio, solamente osservando, uno percepisce che l’Italia attuale è soltanto una marmellata di cafoni.

Perchè è il festival del “lupino” dolorante, dell’alluce valgo, dei tessuti sgargianti, dell’orpello, del monile, dell’anello, degli occhiali da sole a specchio poggiati sulla fronte o, addirittura, sempre calzati anche in catacomba.
È l’apoteosi dell’acconciatura, del bigodino, della piastra, del rollo, della rasatura parietale, occipitale, municipale, esponenziale, della tinta “shabby chic” e della ricrescita malcelata.
È il trionfo della minigonna da letterina, da ballerina, da velina, della trasparenza, del tacco dodici e della zeppa quindici, dell’anziano indignato da cotanta sfacciataggine e da quello lussurioso da contata ghiandola mammaria.
È la celebrazione della chiacchiera in fondo alla chiesa, del rumore, del vocio, delle risate sguaiate, del telefonino che squilla, dell’oltraggio al pudore, della competizione madre figlia o viceversa, della regola non rispettata.
È la beatificazione dell’assortimento biologico, della biodiversità parentale, dell’opulenza esponenziale che di norma è traducibile in un ingresso trionfale, con un ritardo smisurato dall’effettivo inizio della cerimonia. E’ l’affermazione della presunzione, la vittoria della prestanza fisica sulla discrezione, del silicone di fronte all’adipe e la sconfitta del naturale di fronte all’effimero.

E in questo marasma di tacchi, tette, culi, camicie slim fit, ciglia strappate e gelatina,  in questo dondolare di spalle fra i banchi annoiati, nel ciondolare per annuire relativamente a discorsi più o meno frivoli e a voce alta, in questo sbirciare lascivo dei decoltè altrui, ci sono i nostri figli, il nostro prossimo futuro, quei cittadini futuri  ignari di cotanta misticanza, di questa macedonia decadente, confezionata per l’occasione.

E fra un bambino che urla e una ragazza che usi accomoda il perizoma sotto la minigonna, l’unica persona veramente normale che ho potuto osservare è stata una ragazza down che si portava l’indice della mano destra, in posizione verticale, di fronte al naso, e con un discretissimo “Shhhh.. Per favore” ha redarguito una massaia giuliva, dalle mani gonfie e dalla lingua felpata che, vestita da MILF, argomentava “de lì mì fiji..”in fondo alla chiesa.

Photogallery

Commenti

Lascia un commento

Loading...
0