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Il senso di degrado, o forse sarebbe meglio dire abbandono

Il senso di degrado, o forse sarebbe meglio dire abbandono, ti assale feroce mentre passeggi per la tua città.
Immondizia, monumenti deturpati, palazzi storici violentati da assurdi fili e tubi e cavi, mancanza di servizi igienici, odori nauseabondi, passano quasi in secondo piano.
È il vuoto assoluto quello che ti spaventa, la sensazione di una città fantasma.
Percorri le vie che una volta erano quelle dello "struscio", le vie dello shopping, il salotto buono dell'aggregazione, della condivisione di una città vissuta, di una città goduta.
E oggi non c'è più nulla, ti spaventa renderti conto che la situazione si aggrava ogni giorno di più, che il centro è sempre più abbandonato a se stesso.
I locali vuoti che incontri nel tuo cammino, i cartelli affittasi sempre più numerosi, i sempre meno negozi aperti, la percezione di sconfitta che aleggia nelle strade.
Un centro dovrebbe essere vivo, per chi lo abita, per chi lo frequenta, per chi lo visita.
Dovrebbe esserci un'offerta che ti spinga a perderti nelle vie, nelle vetrine, che ti invogli ad entrare nei negozi, che ti faccia godere dei colori, dei profumi, degli incontri.
Purtroppo non è più così.
Di chi o di cosa è la colpa?
Sicuramente di una politica poco attenta alle esigenze della città.
E non parliamo dell'attuale amministrazione, il problema affonda le radici in tempi ben più remoti.
Ma forse anche di commercianti demotivati, di una concorrenza che non si può, e a volte non si vuole, combattere.
Della delocalizzazione del commercio dovuta a una permissività colpevole nel rilascio di un numero spropositato di licenze per grandi distribuzioni.
Se guardiamo alle proporzioni, un quartiere di Roma grande tre volte Viterbo, ha un numero di supermercati di numero inferiore.
Ma cosa si potrebbe fare per rivitalizzare un centro commercialmente morto? Per rivitalizzare un centro sempre meno frequentato?
Forse, prima di tutto, ascoltare i commercianti, le loro esigenze, le loro perplessità, i loro problemi.
Forse agevolandoli in qualche modo per invogliarli a restare aperti e magari anche più propositivi.
Si potrebbe pensare a degli interventi che possano riportare la gente a frequentare il centro.
Magari creando finalmente una vera isola pedonale, e non la barzelletta fino a quì propinataci, creando delle vere e proprie aree di parcheggio dalle quali sia comodo raggiungere il centro, creando una piccola rete di navette che non costringano le persone, sempre più pigre, ad escludere la possibilità di vivere la città anche commercialmente senza rivolgersi ai troppo comodi, logisticamente, supermercati.
Dotando le piazze di angoli in cui sedersi comodamente, dando facoltà ai locali pubblici di attrezzare apposite aree per gustarsi alcuni minuti di pace sorseggiando un caffè o una bibita, magari in cambio della gestione igienica dell'area assegnata.
Si potrebbe cercare di far passeggiare tranquillamente la gente senza dover costantemente evitare le auto di passaggio, senza scansare quelle inappropriatamente parcheggiate.
Pensare a una città a misura d'uomo compatibile anche con le esigenze di chi nel centro ci lavora e ci vive.
Non ho io le soluzioni, lancio delle ipotesi, sicuramente i più volte citati commercianti conoscono meglio il problema, magari loro le avrebbero le proposte, forse le hanno già espresse, magari inascoltati.
Non so se siamo ancora in tempo per salvare questa città, sicuramente non si sta facendo nulla.
E non bastano una Caffeina per resuscitarla, non basta San Pellegrino in Fiore o qualche altra festicciola di pochi giorni o di poche ore.
Non basta il trasporto della "macchina", che porta tanta gente ma solo per un giorno e che commercialmente non so neanche quanto sia remunerativa per gli esercenti locali.
Probabilmente servirebbero interventi più massicci, una maggiore propositività, una vera voglia di rinascita.
Alzare le mani serve a poco, dire ci abbiamo provato ancora a meno.
Forse un maggiore ascolto fra le parti in campo potrebbe portare a qualche soluzione.
Ma servono incontri dove non ci siano piedistalli sui quali ergersi, dove ci sia veramente la voglia di parlarsi e di ascoltarsi, di proporre e recepire, di mettere da parte gli interessi degli uni e degli altri, di suggerimenti poi condivisibili, di mediazioni accettabili.
Ripeto, non lo so se facciamo ancora in tempo, però ci si potrebbe provare.

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