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IN MEMORIA DI ROBERTO DOMENICUCCI

Riceviamo e pubblichiamoVetralla-E' deceduto il 25 ottobre Roberto Domenicucci, antropologo autore di rilevanti ricerche, preside di grande valore, persona di forte impegno morale, intellettuale, civile, religioso. Acuto e profondo indagatore del cuore degli uomini e del mondo, una persona buona.
Era l'amico che tutti vorremmo avere al fianco nell'ora della prova, discreto e sollecito, gentile e generoso, di un riserbo nobile e ritroso, di una bonta' sorgiva e iridescente.
Era un uomo sapiente e saggio, che nel corso dell'intera sua vita, cosi' nitida e cosi' coerente, sempre si pose alla ricerca, all'ascolto e alla sequela del vero, del giusto, del bene; con il pensiero e con l'azione inverando la scelta della solidarieta' e della condivisione, l'impegno per il bene comune, il bene di tutti, nella fedelta' a quel sommo bene che si realizza nell'attenta, appassionata, accudente prossimita' col piu' debole, il piu' fragile, il piu' oppresso; nell'agire comune per la comune liberazione - dell'umanita' intera e dell'intero mondo vivente - dal male, dalla menzogna, dalla violenza, dalla morte.
Come Giacomo Leopardi, del proprio personale dolore e della meditazione su di esso come sul Weltschmerz aveva saputo fare buon uso, ermeneutico ed empatico: di comprensione della sofferenza altrui, di appello e apertura all'universale fraternita' e sororita', di coraggioso schierarsi in difesa di tutte le vittime, con l'attitudine meditata e persuasa di chi contrasta la violenza senza esercitare violenza, di chi combatte il male facendo il bene.
Non ci vedevamo da molti anni, ma in anni lontani abbiamo condiviso fondamentali esperienze di impegno sociale e civile, morale e politico, in quella che allora si chiamava la nuova sinistra, che affermava l'eguaglianza di dignita' e diritti di tutti gli esseri umani, collocandoci nella parte del movimento di liberazione delle oppresse e degli oppressi che nel rivendicare l'universale condivisione del bene e dei beni si poneva naturaliter su posizioni antitotalitarie e nonviolente. Di quelle esperienze e riflessioni - che pure vi furono, luminose e talora decisive, in quegli anni travagliati e solcati da stragi ed orrori, e miserie e obnubilamenti - forse oggi si e' persa pubblica memoria ma chi vi prese parte ne reca incise nel cuore le virtu', le speranze e l'esortazione: alla parresia e all'agape, al mettere in comune il bene ed i beni, al rispetto per tutte le vite, all'impegno contro ogni oppressione.
So che nell'ultimo quarto di secolo si era impegnato in un vivo percorso di approfondimento di fede, intensamente partecipe di una comunita', ed era particolarmente impegnato nella catechesi: ne leggevo talvolta, tornando al paese, qualche traccia, sapido frutto, sul bollettino della parrocchia di S. Maria del Soccorso di Cura di Vetralla (e vorrei ora esprimere l'auspicio che i suoi scritti editi e inediti siano presto raccolti in un volume che preservi e presenti ed ostenda l'ampiezza e la profondita' della sua attivita' di ricercatore e di docente nelle varie forme ed occasioni in cui si e' esercitata - so che gli scritti non possono restituire la preziosa densita' di una persona, la vastita' infinita di un'anima, ma potrebbero essere comunque per chi lo conobbe uno strumento, per quanto inadeguato, per piu' vivamente piu' volte ricordarlo nel corso degli anni avvenire, e per chi non lo ha conosciuto un modo di accostarsi alla sua testimonianza di uomo).
Non sono un credente di alcuna religione, ma ho sempre pensato che l'umanita' e' costitutivamente plurale e che ogni persona deve seguire le sue ispirazioni e le sue vie nel comune ineludibile impegno per il bene di tutti, adempiendo il primo dovere di riconoscere, rispettare, sostenere e difendere la vita, la dignita' e i diritti di ogni persona e dell'intero mondo vivente.
Credo che nella diversita' delle vicende contingenti e dei percorsi esistenziali, delle visioni del mondo e dei gesti quotidiani, a Roberto continui a legarmi non solo un'antica amicizia che come tutti i valori si prolunga oltre l'empirica frequentazione, non solo una memoria di esperienze condivise, ma anche un comune sentire e seguire un appello e una verita' fondamentali, che in tante tradizioni di pensiero parimenti si esprime nell'aureo motto: "agisci verso le altre persone come vorresti che le altre persone agissero verso di te". E' possibile che in questi ultimi decenni noi si sia forse espresso con formule linguistiche e proposte operative diverse un medesimo originario sentimento, non dubito che quel sentimento fosse fondamentalmente lo stesso.
Nel suo tragitto mi sembra ora quasi di cogliere o di intuire una risonanza, una consonanza con quello di Simone Weil, di progressiva intensificazione, di crescente illimpidimento e rigorizzazione, che e' come lo sviluppo che dal seme porta alla pianta rigogliosa: se una persona ho conosciuto coerente nel telos del bene essa e' stata Roberto.
E nella sua persona ho sentito sovente come incarnata tanta parte del magistero di Hannah Arendt, dal suo giovanile lavoro sul concetto d'amore in Agostino, fino a Vita activa e alle postume lezioni de La vita della mente.
Nel corso del funerale che si e' svolto ieri si percepiva intimamente e con flagrante evidenza quante e quanto diverse persone la sua testimonianza ha saputo avvicinare e commuovere, scilicet: muovere insieme, e per cosi' dire affratellare in un medesimo afflato, in uno spazio condiviso di umanita' cosciente del dovere di rispettare, confortare e sostenere ogni essere umano, ognuno particola di un'unica famiglia, e nella sua stessa singolarita' bene infinito.
Come tante altre persone che lo hanno conosciuto - e conoscerlo significava volergli bene - anch'io nel rendergli questo estremo saluto vorrei concludere queste parole con un abbraccio a Rita e a tutti i familiari che lui amo' di un amore sconfinato, un amore che non si estingue.

Peppe Sini

Viterbo, 29 ottobre 2018

 

 

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