E’ stata lanciata dal palco della serata dedicata all’imprenditoria femminile, “Donne in opera”, organizzata dalla Camera di Commercio con grande successo di contenuti e di partecipazione, per deflagrare tra la popolazione e il Sodalizio con un fragoroso boato tra lo stupore e l’incredulità più assoluta, subito superata da un moto d’indignazione e irritazione: “la macchina di Santa Rosa il prossimo anno andrà in Cina”. Chi l’ha detto? Azzurra Benedetti, una giovane e brillante imprenditrice premiata per l’eccellente lavoro svolto con il progetto del bosco didattico di sant’Egidio, sul palco delle terme Salus, da cui è partito il dardo infuocato.
Dopo Milano, dunque la Cina, sembrerebbe. Chi lo sapeva? In sala ci sono il vice sindaco, Luisa Ciambella, e l’assessore alla cultura, Tonino Delli Iaconi, che non battono ciglio. Nessuno conferma o smentisce la notizia. Nel fragore dell’annuncio, il silenzio degli amministratori fa ancora più rumore. Anche all’indomani dell’iperbolica comunicazione, sul polverone sollevato “dall’esplosione”, non si delinea ancora nessuna posizione da parte dell’amministrazione comunale: muta, nessuno chiarisce i contorni della vicenda, sia essa fondata o, a maggior ragione, nata su un’ondata di entusiasmo e di voglia di fare che può avere straripato i confini della proposta, dell’idea, per assumere il carattere di certezza della prenotazione della nostra santa per un “soggiorno” cinese. Una tegola che è subito rimbalzata all’altro capo del mondo per cadere sulla testa del presidente del Sodalizio dei facchini, Massimo Mecarini, in vacanza a New York, che appena ripresosi dall’”urto” dichiara di non saperne nulla e che non ci sarà mai la loro approvazione. Se questo è il giallo cinese su come, perché, con l’autorizzazione di chi si sta pensando di portare la macchina di santa Rosa in Cina, evidente è invece un altro punto: sulla sua promozione pare che si stia confondendo il mezzo con lo scopo, laddove quest’ultimo non è quello di farle fare il giro del mondo a spese dei cittadini, senza sapere “dove andare”. In altre parole, quale vantaggio vuole ottenere il Comune con lo spostamento fisico e geografico della struttura? Farla conoscere per incrementare gli spettatori, quando più volte è stato detto che l’attuale percorso è insufficiente a contenere maggiori persone? Promuovere la città per far venire qui il turista in altri giorni dell’anno, durante i quali a Viterbo non riuscirà nemmeno a trovare le indicazioni per arrivare al santuario e alla casa della santa? Se questa è la strategia di marketing che sta perseguendo il Comune, è un po’ come mettersi a costruire una casa partendo dal tetto, buttando soldi che sarebbe meglio, a questo punto, utilizzare per la manutenzione stradale. Se proprio si vuole valorizzare la macchina e, tramite essa il territorio, c’è bisogno di una promozione seria, che parta dalle basi e diventi continuativa, sistematica, e soprattutto finalizzata a qualcosa di concreto durante tutto l’anno, attivando corridoi per divulgare la conoscenza dell’evento che nell’era dei social network e del web marketing che sforna milioni, non sono necessariamente quelli fisici, estremamente costosi. C’è bisogno, inoltre, di mettere finalmente mano a quel progetto di museo delle macchine per cui il marketing volto alla ricerca del turista abbia finalmente un senso e riesca ad alimentare tutti i giorni un flusso ininterrotto e illimitato di visitatori che a questo punto avrebbero motivo per venire a Viterbo a conoscere la nostra tradizione, piuttosto che portargliela a spese nostre sotto casa. L’esperienza di Expò 2015, inoltre, insegna che decontestualizzare la macchina di santa Rosa dal luogo in cui nasce e dove ha un significato, comporta un rischio interpretativo da gestire con cautela, anche nel caso in cui sia collocata in una vetrina di prestigio come quella offerta dall’interesse di Vittorio Sgarbi verso la nostra tradizione all’interno del padiglione Italy. Insomma, il Trasporto di santa Rosa oltre alla fede, incarna lo spirito e i valori del nostro territorio, pensare di “trasportarlo” altrove con tanta facilità e leggerezza, come a volte sono fatti anche gli stessi annunci, finisce per svilirlo non solo nella sua sacralità ma anche come risorsa unica e irripetibile della nostra terra.
Tiziana Mancinelli