Tra sacro e profano Piazza del Plebiscito. O del Comune come piace chiamarla a noi viterbesi. C'è un pianoforte sospeso per aria. Ed un mago che lo suona. Aleggia poesia tra un libro riposto con cura e prelibatezze per il palato. C'è chi si aspettava tralicci trasparenti a sostegno del pianoforte, ma la location non ha permesso una mimetizzazione migliore. Gli avventori della piazza si accalcano per ascoltare le note che aleggiano nell’aria. E a dire il vero non possono fare altrimenti se vogliono ascoltare qualcosa perché ci sono le casse della radio che stazionerà lì accanto per tutta la durata di Caffeina, che sovrastano le note del pianoforte e che solo dopo le rimostranze di altri standisti decidono di abbassare leggermente. L’impressione? Uno spettacolo indecente. La cultura dovrebbe partire da qui. Dal rispetto per tutta la musica. Specialmente quella vera, quella suonata sul serio e non semplicemente riprodotta con un ridondante “tunz tunz” nelle orecchie. Quella dovrebbe essere separata. Ma non è solo colpa degli speakers o degli intervistati, sia chiaro. La colpa è di chi, senza possibilità di replica, decide che nella stessa piazza e nello stesso momento ci siano due eventi così agli antipodi. Qui cadiamo di nuovo nell'ovvietà dell'italico modus operandi. La gente si infastidisce. Io ero venuta per sentire il maestro al pianoforte, non musica commerciale. Sarebbe stato almeno elegante sospendere il chiacchiericcio di fondo per tutta la durata della performance. Troppo difficile e troppo rispettoso dei gusti altrui. Sento dire "campanellistico", durante dotti discorsi calcistici, mentre invano cerco di ascoltare qualche nota proveniente da quel pianoforte sospeso. Capisco. Capisco che non andiamo da nessuna parte. Il “Nessun Dorma” si fonde tristemente con i discorsi su Balotelli. Ed ho improvvisamente davanti a me lo specchio perfetto di ciò che è il nostro tempo: diviso a metà tra intelletto e stupidità, tra ragione e oblio e sacro e profano.
Alessia De Ruberis