Niente Alcooliadi, colpa di menti retrograde e incapaci di capire.
Niente Alcooliadi perché il distacco generazionale, il nuovo che avanza, l'impossibilità di capire la comunicazione e bla bla bla...
Io parto sempre dal presupposto che se qualcuno non mi capisce probabilmente sono io quello che sbaglia, che non è in grado di spiegarsi, che non usa un linguaggio appropriato.
Liquidare l'annullamento della manifestazione evocando un solco generazionale e l'impossibilità di capire di un pubblico anziano o bacchettone, mi suona tanto di stridore di unghie su specchi.
È normale che esistano modi diversi di vedere le cose, è normale che ci siano valori diversi e aspettive diverse, che le cose cambiano e tutto quello che vogliamo e possiamo portare a supporto delle nostre affermazioni.
Ma quì stiamo parlando di un problema vecchio quanto il mondo, non di una prerogativa del terzo millennio o di un futuro immaginato diverso. Dell'alcol si è sempre fatto uso, a scopo anche terapeutico, oppure anche come anestetizzante per le truppe per spingerle in battaglia, come elemento aggregante e socializzante, come elisir per dimenticare i problemi quotidiani, per vincere il freddo, per gioco.
Ecco, per gioco.
Già questo per la mia scarsa intelligenza è sufficiente per guardare di traverso la manifestazione organizzata.
Un gioco, organizzare un gioco che ha come protagonista l'alcol e il voler dimostrarne gli effetti negativi sulle capacità intellettive del momento o sulle capacità motorie, potrebbe anche essere educativo.
Potrebbe. Ma anche no!
Solo menti anziane, solo noi ultratrentenni, solo noi generazione dall'altra parte del solco, non ne avremmo capito il significato?
È un'errore parlare di distanza, parlare di incomprensioni tra mondo degli adulti e quello degli "anziani".
Che poi, anziani un paio di palle, sono molto più vecchi alcuni ventenni di come lo sia per esempio io, imbruttiti dalla droga, dall'alcol, dal menefreghismo, dalla mancanza di ideali.
Sono stato giovane anch'io, e già, incredibile vero?
E non scendo dalla montagna o dal pero.
Ho vissuto le lotte studentesche, le lotte per un mondo migliore e per un futuro che doveva essere il nostro, per il quale dovevamo essere noi a dettare le condizioni.
Abbiamo lottato contro l'incomprensione anche per cose forse oggi banali, per i capelli lunghi, i pantaloni scampanati, le camice a fiori, la musica assordante, i balli all'apparenza sconclusionati.
E quando vedevamo lo stupore o la condanna negli occhi dei nostri genitori, li guardavamo dall'alto in basso, quasi commiserandoli, come a dire: che potete capire voi, siete vecchi, non avete la mente aperta, questo è il futuro che avanza, le vostre menti non ci arriveranno mai.
E domani i giovani di oggi troveranno la stessa considerazione negli occhi dei loro figli. E parlo per esperienza.
Niente, non vi inventate niente.
Siete più intelligenti perché avete più strumenti di informazione e conoscenza, anche se molti questi strumenti li usano in modo sbagliato, commettete gli stessi sbagli che abbiamo commesso noi, vi sentite invulnerabili come ci sentivamo noi, vi sentite incompresi come lo eravamo noi, vi annegate nel bere come lo facevamo noi.
Parlate di comunicazione. Cosa avete da insegnarci in fatto di comunicazione?
Io sono ignorante, intellettivamente di livello medio basso, forse più di quanto si possa immaginare dal mio riuscire ad azzeccare a volte il posto giusto per una virgola.
Ma ho voglia di imparare, ho ancora molto da imparare.
Ma dire che tanto c'è un solco tra generazioni, liquidare tutto con la solita frasetta "tanto non capireste", ebbene, mi suona di vecchio, frasi già sentite, stantie.
Forse il segno di mancanza di capacità nel farsi comprendere.
O forse insicurezza delle proprie ragioni, o forse solo superficialità.
Firmato un vecchio sessantenne.